Un unico grande ritiro spirituale

Si conclude la Quaresima, e non si conclude la quarantena. Viene Pasqua, verrà la resurrezione?

di Paolo Montagna

E’ passato un lungo periodo da quel ponte di Carnevale, che molti di noi, studenti e docenti, attendevamo per due brevi giorni di vacanza scolastica per “tirare il fiato”, e che invece ricorderemo per sempre come l’inizio di un incubo così surreale e terribile che nemmeno in un film horror saremmo riusciti a immaginare. Quei giorni di fine febbraio, che avrebbero poi segnato l’inizio della Quaresima, si sono rivelati come gli ultimi giorni in cui siamo usciti, liberi e tranquilli, a prendere un po’ d’aria magari con gli amici, ignari della tragedia che stava per consumarsi nelle nostre terre, in Italia e nel mondo. E la Quaresima è divenuta quarantena, parola desueta, incredibile a dirsi nel 2020 nel nostro mondo.

Settimana dopo settimana i divieti sono diventati sempre più restrittivi, la consapevolezza del dramma collettivo si è fatta tangibile, la paura e l’angoscia ci hanno travolti come l’alluvione di cifre rovesciate a centinaia di morti e migliaia di contagiati nel quotidiano terribile bollettino delle ore 18. Più di quindicimila morti ufficiali solo finora, e solo di quelli accertati: un’ecatombe, peggio di qualunque tragedia nazionale mai vissuta dopo la guerra. E quanti saranno alla fine? E quanti saranno davvero, al di là dei conteggi chiaramente di gran lunga sottostimati?

Tanti, troppi amici e conoscenti hanno perso la vita. Molti anziani, diversi adulti, alcuni giovani. Il presidente Mattarella ha tristemente rilevato che “in numerosi territori, con tante vittime, viene decimata la generazione più anziana, composta da persone che costituiscono per i più giovani punto di riferimento non soltanto negli affetti ma anche nella vita quotidiana”. Un costo altissimo, perduto per sempre.

La Quaresima per noi cristiani è da sempre periodo di purificazione e di conversione, e la Chiesa ci ha sempre invitati a una preghiera più intensa, a qualche forma di digiuno, a opere di carità e misericordia. Ogni anno incontri biblici, catechesi, liturgie ci accompagnano quasi affastellandosi uno sull’altro in questo cammino verso la Pasqua. Ogni anno io – confesso – facevo tante promesse di essere fedele ai ritmi e agli impegni quaresimali, ma poi puntualmente mi perdevo dietro alla frenesia del lavoro e delle mille attività, e sinceramente tutte le proposte di preghiera, lettura, meditazione mi scivolavano via senza lasciare molta traccia. La Quaresima filava liscia fino alla fine, quando un po’ di fervore spirituale mi prendeva solo con i riti della Settimana Santa, così intensi e pieni di emozione, che mi permettevano di giungere a Pasqua a gustare felice la gioia della Resurrezione.

Beh oggi posso dire che la Quaresima 2020 non la dimenticherò mai. Non solo perché siamo tutti stati protagonisti, ciascuno con le nostre piccole storie di vite sconvolte, della scrittura di una pagina nuova e indelebile della grande Storia dell’umanità. Ma anche perché proprio dal punto di vista spirituale è stata per me la prima, grande, vera esperienza di Quaresima. Ho partecipato a tanti ritiri spirituali in una vita, ma forse mai nessuno ha avuto l’intensità di questo grande, silenzioso, infinito ritiro spirituale vissuto a casa quest’anno.

Una Quaresima che giorno dopo giorno ci prosciugava, togliendoci una dopo l’altra tutte le certezze su cui avevamo costruito le nostre vite, tutti quei “puntelli” che ci piacevano tanto perché ci davano il totale controllo della situazione, sul lavoro, in famiglia, nella società, nella Chiesa: si fa così, ci sono tante cose da fare una dopo l’altra, ci sono scadenze, riunioni, incontri programmati settimana dopo settimana. E’ andato tutto a rotoli, e le giornate piene sono divenute vuote.

Dapprima ne è nato un senso di vacanza (beh l’etimologia di vacanza è proprio questa no?), ma ben presto si è fatta strada l’esigenza di riempire quelle stesse giornate in altro modo. Al telefono, e soprattutto davanti a un video per molti di noi, spesso per motivi lavorativi (la famigerata DAD, Didattica A Distanza, ha unito nella stessa sorte ragazzi nativi digitali e attempati professori refrattari alla tecnologia…), ma anche e forse più per motivi familiari o per mantenere relazioni con amici e parenti lontani (e sia davvero benedetta la tecnologia che ha permesso videolezioni e videochiamate!).

E’ successo l’impensabile: non abbiamo potuto andare a Messa! Quante volte ci andavamo ma non ne avevamo voglia, ci lamentavamo del prete e dei canti o dello squallore della comunità parrocchiale, ci perdevamo nei nostri pensieri durante la predica o nel ripetere formule sempre uguali… non so a voi, ma a me è capitato spesso. Certo, la Messa era una cosa scontata, un atto dovuto che accompagnava la nostra vita ogni domenica. Un po’ come mangiare e dormire, o andare a scuola o al lavoro: non si poteva non fare, suvvia. Con la Quaresima di quest’anno la Messa si è interrotta. E così improvvisamente è caduta la maschera: quella Messa così “brutta” era in realtà così importante, così necessaria. Cosa vuol dire non poter andare a Messa? Vuol dire desiderare fortissimamente di andarci! Chi l’avrebbe mai pensato? E aspettare la Messa in TV come elemento essenziale della domenica, come esperienza forte di comunione spirituale con Gesù e con tutti i fratelli, in parrocchia, in città, in Lombardia, in Italia.

A casa, in questi giorni, giungono dall’esterno solo due rumori, entrambi spesso insistenti: le sirene, angoscianti, e le campane, accoglienti. Ricordo che a gennaio, in un incontro in Azione Cattolica, io avevo commentato che le campane ormai in città non si sentono più, sommerse dagli altri rumori della vita lavorativa e sociale. Commento ora del tutto fuori luogo: non ci sono più rumori, rimangono purtroppo le sirene, e si risentono per fortuna le campane.

Come in un autentico ritiro spirituale, nel silenzio di tutti i “rumori” esterni, abbiamo potuto e dovuto imparare presto a riempire di senso le giornate e la vita, in un momento dove il dolore e la paura ci avvolgevano tutti. E qui non riesco a non pensare al momento che mi ha “prosciugato” più di tutti, a quel venerdì 27 marzo, con quelle immagini storiche di Francesco solo, piccolo e immenso in quella piazza S.Pietro enorme e terribilmente vuota, sotto una pioggia battente, tra nuvoloni neri che davano veramente l’atmosfera di un’angoscia infinita. Dov’è Dio? La domanda eterna dell’umanità di fronte al dolore innocente, alle tragedie collettive. Dio abbandona il suo popolo? E Francesco, in quella liturgia così struggente e carica di emozione, che da solo si fa carico del dolore di tutta l’umanità, di quegli uomini che sono tutti sulla stessa barca e hanno una paura folle mentre infuria la tempesta. E, stanco e zoppicante, cammina lento fino a quel Crocifisso, e sommessamente grida “Signore, svegliati!”. E poi in assoluto silenzio benedice con Gesù Eucaristia la piazza vuota, il mondo vuoto, e quindi le case piene di ciascuno di noi davanti alla TV, come a dirci: eccolo il tuo Gesù, è qui che piange con te, io gli ho affidato il tuo dolore, il dolore di noi tutti, perché Lui solo saprà farci uscire da questo incubo e portarci a una vita nuova.

L’umanità nuda, spoglia di tutto, davanti al mistero della Vita e della Morte. Ciascuno di noi brutalmente messo di fronte al senso più autentico dell’esistenza. Pensando alle migliaia di vittime del virus, di cui alcune nostri parenti o amici; pensando che la loro sorte potrebbe capitare a chiunque di noi e nessuno ne è immune; pensando a quanto è sottile il confine tra morire e vivere, tra ammalarsi e guarire, tra perdere tutto e riprendere il cammino.

Con questi sentimenti nel cuore (mio ma forse anche di molte altre persone), dopo questo lunghissimo ritiro spirituale viene Pasqua. I riti della Settimana Santa vissuti in casa davanti alla TV. Di solito così carichi di pathos, di buio e di luce, di silenzi angosciosi e poi di canti festosi… no, quest’anno saranno celebrazioni spoglie, senza partecipazione di folla, senza fronzoli e enfasi. Ma forse proprio per questo saranno i riti più belli, più autenticamente simili alla Passione e alla Resurrezione di Gesù, ai grandi misteri che hanno cambiato la Storia duemila anni fa, in una regione periferica dell’Impero, in soli tre giorni, davanti a pochi apostoli impauriti e angosciati…

La notte di Pasqua Gesù risorgerà, uscirà dalla tomba e ci dirà “Non abbiate paura. Sono io. E sarò sempre con voi.” Ce lo dirà dopo aver vissuto la morte, senza risparmiarsela come un eroe ma accettandola e soffrendola fino in fondo come l’ultimo dei poveracci della razza umana. E noi ci dovremmo augurare “Buona Pasqua! Cristo è risorto!”, cercando di pensare alla portata pazzesca di questo annuncio per la nostra vita, trasformata e resa immortale e degna di felicità eterna insieme a tutti i nostri cari, a tutti gli amici che avevamo perduto e che ritroveremo, già oggi dentro di noi, e domani per stare insieme per sempre.

Ce la faremo a vivere così questa Pasqua? Non lo so. Io forse no. Perché la Quaresima per noi non è finita, perché i segni di Resurrezione, se ci sono, sono ancora lontanissimi, perché sarà dura pensare alla gioia mentre il senso di morte e desolazione che ci circonda è ancora ben presente nel silenzio delle nostre strade deserte, nella tristezza delle nostre vite isolate.

E’ inutile far finta di niente: questa Pasqua è terribilmente diversa dalle altre. Ma proprio per questo forse può essere davvero la Pasqua più autentica, quella che più ci può far capire cosa significa risorgere, perché siamo davvero come morti. E quindi possiamo veramente sognare e aspettare la nostra nuova vita, quella da risorti, in cui nulla sarà come prima, perché forse avremo capito la durissima lezione che l’esperienza della morte ci ha insegnato. Risorgere non è tornare alla vita di prima: risorgere è nascere a una vita nuova, costruita sulla vita precedente ma radicalmente trasformata e completamente diversa dalla vita precedente!

Mi auguro davvero, e auguro a tutti noi, fratelli in umanità, che sappiamo far tesoro di questa terribile esperienza e ricordarcela per sempre, per poter aspettare con speranza e passione i prossimi mesi, quando verrà il momento di tornare a fare festa e riconquistare la nostra vita insieme. E ripartire, con la memoria delle persone che avremo perduto e che saranno con noi, con l’impegno a costruire un mondo veramente nuovo e migliore. Che quel momento segni davvero la Pasqua di tutti noi, uniti e risorti per sempre in una nuova vita. Buona Pasqua!

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