I giovani di AC, segni del nostro tempo

A Roma si sono incontrati i responsabili del Settore Giovani di AC

Più di duemila giovani di Azione Cattolica dal 28 al 30 ottobre sono arrivati a Roma da ogni angolo d’Italia per il loro Incontro nazionale sul tema “Segni del tempi”.

Si sono ritrovati a sessant’anni dal Concilio Vaticano II e dalla Gaudium et spes, per ripartire dalle sue parole, che sono ad un tempo profezia e programma, poiché: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono sono le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.

I giovani si sono confrontati sull’essere Chiesa nei confronti del mondo, a partire dalle sue cellule vitali, le parrocchie, e sui problemi degli uomini di oggi, con la volontà di essere protagonisti, segni vivi, nelle vicende del Paese e della società, dove c’è bisogno che i cattolici siano meno afoni, più significativi e più incisivi nella costruzione della “città terrena”.

Si sono ritrovati per farsi carico della responsabilità e dell’impegno che comporta l’essere cittadini d’Europa e d’Italia, oggi alle prese con una grave crisi economica, che colpisce duramente le famiglie e i giovani che sono senza un lavoro e un futuro.  Ma ancor di più alle prese con una crisi etica: la stessa locuzione “bene comune” trova sempre meno spazio nei discorsi della politica e anche nel nostro parlare corrente, a vantaggio di una società sempre più egoista e individualista. 

Questi giovani hanno ribadito con fermezza il loro No  alla guerra, chiedono che  tacciano le armi e parlino le diplomazie del mondo intero e che ogni istituzione e ogni uomo e donna di buona volontà si facciano costruttori di pace, ponti di speranza. 

Questi giovani, volti di una Chiesa bella e profetica,  cercano una Chiesa che sappia inginocchiarsi e mettersi a servizio dei poveri e dell’umanità sofferente, una Chiesa incarnata nella storia e attenta alla difesa dei valori fondamentali, come la dignità della persona o l’uguaglianza di tutti gli esseri umani. Una Chiesa che sa vedere il mondo con gli occhi dei poveri. La “Chiesa del grembiule”, come diceva don Tonino Bello.

 Una Chiesa che sappia essere contemporaneamente – come amava dire il giovane Carlo Carretto – quella realtà umana e mistica “che vive in ciascuno di noi, e sa essere contemporaneamente nel deserto della preghiera e nel deserto dell’impegno nella città”. Una Chiesa abitata da un laicato che il beato Henry Newman sognava: “non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico”, un laicato che è Segno e sa lasciare Segni nel lungo cammino dell’umanità.

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