La parrocchia e il gusto di condividere

La riflessione sulla parrocchia non è mai passata di moda. Chi si lascia coinvolgere dalle attuali provocazioni che vengono dal mondo e dalla poca conoscenza delle sue logiche può trovare una “possibilità salvifica” nell’arte del discernimento e nello stile sinodale che stiamo mettendo a punto. Possiamo continuare a lamentarci di ogni cosa e non accorgerci che abbiamo sempre a portata di mano una provvidenziale occasione per realizzare il mandato di Gesù: «Andate…». E se qualcuno si lascia subito prendere dal panico pastorale di non sapere cosa fare, c’è sempre a portata di Vangelo la condizione rassicurante da non perdere mai di vista: «Venite…». E se qualcuno si sente trascurato nelle sue personali doti creative può sempre sentirsi dire: «Seguimi…». C’è allora bisogno di prendere sul serio la conversione pastorale dei nostri vissuti cristiani poco evangelici, valorizzando alcune dimensioni importanti che ancora ci mancano.  

La prima dimensione da rilevare nelle nostre strategie pastorali è quella dell’ascolto. È necessario, in questa provvisoria condizione, rimettere la Parola di Dio al centro.

La seconda dimensione che si deve valorizzare, scoprendone la radice divina e le enormi potenzialità umane, è quella della partecipazione. Sentirsi nella vita sempre in cammino e con buoni compagni di viaggio alleggerisce sostanzialmente il peso della fatica e rende più profetica la direzione dei passi.

La terza dimensione, che non può mancare nell’esperienza cristiana delle nostre comunità parrocchiali, è quella della gioia

Una comunità parrocchiale deve necessariamente imparare a leggere il suo presente e il presente del contesto in cui vive e opera.

Una prima possibile interpretazione pone l’accento sulla presenza del Signore che sta con noi e vive il silenzio del protagonista senza che ce ne accorgiamo. Troppo spesso invece il chiasso delle nostre inconcludenti prospettive parrocchiali lascia fuori chi cerca cammini da condividere per crescere umanamente e spiritualmente.

Una seconda interpretazione può aiutarci a cogliere l’ambivalenza del verbo “contestare”. Una contestazione non serve a nessuno se non è mirata a identificare un problema per meglio facilitare non solo le soluzioni, ma anche l’impegno concreto per attuarle. 

Una terza interpretazione del termine contesto è quella più immediata e conosciuta: l’orizzonte in cui opera una comunità cristiana e non solo. Abitare un territorio, conoscerne le potenzialità e i limiti, impegnarsi a migliorare il suo presente e garantire un futuro diverso, sono gli aspetti intriganti di un accurato discernimento pastorale.

Mettiamoci all’opera! I processi formativi hanno bisogno di non poco tempo e sorprendono per il risultato solo quando sono concreti e condivisi.

(tratto da un articolo di Don Lucio Greco)

 

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