Ci risiamo

La guerra Ucraina faticava sempre di più ad avere le prime pagine ed ecco che riesplode il conflitto palestinese.

Non che possiamo essere sorpresi più di tanto, bastava leggere Avvenire ma anche altri, per sapere che il popolo palestinese era sempre più stanco di vivere in una specie di grande centro di detenzione peraltro , con un autogoverno corrotto, e un governo vero che tollera se non incoraggia il furto della terra e delle risorse idriche (l’ambiente, guarda un po’) in nome delle necessità dei cosiddetti coloni.

Il popolo palestinese avrebbe continuato a soffrire da solo, con i soli dubbi di una crescente ma pur sempre marginale opinione pubblica israeliana, se qualcuno non avesse pensato di sferrare un attacco a sorpresa e rapire un po’ di cittadini dell’altra parte. Questo ha scatenato una serie di rappresaglie e controrappresaglie di cui farà le spese la povera gente di entrambe le parti, come diceva già Brecht.

Rimandando al citato Avvenire per informarsi in modo approfondito, la doverosa solidarietà al popolo israeliano in questo momento aggredito non deve farci dimenticare alcuni aspetti che sono già emersi con l’Ucraina ma troppi sembrano non cogliere. 

Non è uno scontro di civiltà e men che meno di fedi. L’Iran sciita e Hamas, sunnita, hanno collaborato con mortifera efficienza. 

Non è un problema di armi adeguate: la tecnologia bellica israeliana, che per inciso comprende anche la bomba atomica, è riconosciuta e comprata da tutti  i paesi e le organizzazioni che possono pagarla. Furgoni, motociclette e deltaplani a motore, insieme a una generosa fornitura di razzi “stupidi” hanno battuto l’apparato tecnico militare di un governo impegnato ad erodere le possibili garanzie democratiche al punto che le forze armate stesse si stavano scontrando con la politica. 

Ora lo stato di guerra sembra aver ricucito almeno temporaneamente le divisioni e ridotto al silenzio ogni voce a favore del dialogo. 

Ancora una volta si verifica che la gestione corretta dei beni naturali, le fonti d’acqua in questo caso non è un problema marginale, non è la potenza della tecnologia che può risolvere ogni problema e serve un vero governo mondiale non come gestione di interessi di pochi ma come strumento di dialogo tra i i popoli. 

Questa responsabilità di fronte ad una terra che è di Dio, implica che l’essere umano, dotato di intelligenza, rispetti le leggi della natura e i delicati equilibri tra gli esseri di questo mondo. 

Ce lo ha insegnato Papa Francesco in Laudato si, n 68 e ha dovuto ribadirlo al n 62 di Laudate Deum. 

Cosa deve succedere ancora per farci capire che da qui, oggi, passa il Vangelo? 

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