Commemorazione tenuta da Marco Vergottini, teologo laico amico di Mons. Giudici e dell’AC di Pavia
Questo è il testo della commemorazione che ho tenuto al termine della santa Messa presieduta da S.E. mons. Corrado Sanguineti nella cripta del Duomo di Santo Stefano e Santa Maria Assunta. Il vescovo di Pavia – che nell’omelia, muovendo dalla Parola di Dio (soprattutto, Gv 2.1-11: nozze di Cana) ha ricordato con grande finezza e prodigalità la figura del suo predecessore – ha accettato di buon grado che prendessi la parola per ricordare la figura di don Giovanni, a motivo di una paternità spirituale durata più di mezzo secolo. Nel mio intervento ho omesso la lettura del Curriculum vitae, riprendendo quasi integralmente il testo con le Testimonianze di quanti lo hanno frequentato, gli hanno voluto bene e sono riconoscenti al Signore Iddio di avercelo donato per tanti e intensi anni.
[Marco Vergottini]
CURRICULUM VITAE
Giovanni Giudici è nato il 6 marzo 1940, entrato nel Seminario arcivescovile di Milano dopo la maturità classica.
Ordinato sacerdote nel Duomo di Milano il 27 giugno 1964 dall’arcivescovo Giovanni Colombo, nella cui segreteria assunse uno dei primi incarichi.
Ricoprì la carica di assistente diocesano dei giovani di Azione Cattolica, dal 1971.
Nel 1972 si laurea in Lingue e Letteratura Moderna all’Università Bocconi
Dal 1979 al 1988 è stato parroco della parrocchia di Sant’Anna Matrona a Milano. Nel 1984 è stato eletto decano del decanato di Porta Vercellina.
Nel 1988 il cardinale Martini lo designò vicario episcopale della Zona II (Varese).
Il 9 giugno 1990 Giovanni Paolo II lo nominò vescovo ausiliare di Milano.
Il 29 giugno successivo ricevette l’ordinazione episcopale in Duomo da Martini (co-consacranti i vescovi Renato Corti e Bernardo Citterio).
L’1 febbraio 1991 Martini lo nominò Vicario Generale. della diocesi.
Nell’anno 1992 ricevette l’onorificenza di “Bocconiano dell’anno.”
Il primo dicembre 2003 Giovanni Paolo II lo elesse vescovo di Pavia,
Il 27 maggio 2006 divenne Gran Priore per l’Italia settentrionale dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Nel novembre 2009 fu nominato dalla Cei presidente di Pax Christi, carica che ricoprì fino al 2015.
Nel settembre 2010 l’elezione a membro della Commissione episcopale Cei per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace.
Il 16 novembre 2015 papa Francesco ha accolto la sua rinuncia al governo pastorale della diocesi, presentata per raggiunti limiti d’età.
In seguito, si trasferì a Varese nella parrocchia della Brunella, dove continuò il suo ministero presbiterale, soprattutto operando nella mensa dei poveri, e dopo una lunga malattia morì il 18 gennaio 2024.
TESTIMONIANZE
(raccolte da Marco Vergottini)
* [Nella seconda metà degli anni ’50] accadde un episodio in un campo di boyscout a cui partecipammo entrambi. Io ero da poco stato nominato capo di una squadriglia di sette ragazzi e svolgevo questo compito con grande passione. Mi sembrava di adempierlo bene e ne ero orgoglioso. Giovanni, che era capo di un’altra squadriglia mi si avvicinò. Mi aspettavo un complimento, ma lui in modo garbato, ma deciso mi richiamò le parole di Gesù: “… colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro servo” (Mt 20,25-27). Aveva ragione lui, perché ero stato troppo severo con i ragazzi… (S.E. mons. Emilio Patriarca).
* I compagni del liceo classico Cairoli di Varese, a cui don Giovanni è rimasto legato fino all’ultimo, lo ricordano come elemento di equilibrio nella classe, compagno di giochi e attivo nello sport, un esempio di serietà nello studio e di impegno nel sociale. “Era un compagno allegro, un amico con tanti interessi e dal carattere aperto e disponibile per i compagni di classe, adorato dalle compagne e stimato dai professori”. Fu presidente di Gioventù Studentesca a Varese. Nella sua pagella di IIIa liceo spiccava un 10 in Educazione Fisica, un 8 in Storia, Filosofia e nelle materie scientifiche. Nel fascicolo conservato in Archivio del Seminario a Venegono Inf. viene offerta un’immagine del candidato assolutamente positiva, senza alcuna ombra.
* Don Giovanni secondo la misura evangelica è stato un cristiano/presbitero che aveva un’intensa vita di preghiera, con una straordinaria passione educativa, coltivata con il massimo rispetto della libertà di coscienza per ciascun individuo che incontrava nel suo ministero sacerdotale. Valorizzava le e i giovani a lui affidati (di ciascuno si chiedeva “che cosa potremmo chiedergli di fare nella Chiesa e nella associazione?”) Era attraversato da un autentico animo conciliare, ma non era uno spirito libero mai ribelle, coltivava e educava noi giovani a uno stile di obbedienza sincera (talora sofferta) nei confronti dell’autorità della Chiesa. (Una responsabile di pastorale giovanile)
* A lui si addiceva il termine greco “kalòs kai agathòs” (bello e buono), inteso non solo come ciò che è “bello” (καλός) l’aspetto sensibile, ma anche come ciò che è connesso al comportamento morale, ossia “buono” (ἀγαθός). Don Giovanni era un “pastore bello”, sapendo che il pastore bello è prima di tutti il nostro Signore Gesù: “Io sono il buon pastore!” (Gv 10, 11). (Marco Vergottini)
* Era alieno da ogni aspirazione carrieristica, svolse tutti i compiti che la Gerarchia gli affidò, anche se noi laici pensavamo e continuiamo a pensare che non sempre sia stato valorizzato a dovere negli incarichi ricevuti, conoscendo le sue doti di governo e le sue qualità intellettuali, pastorali e spirituali. Quando gli fu annunciata l’elezione a Vescovo (oltre a dimenticare il portafoglio a casa per l’emozione e presentarsi al casello autostradale senza carte di credito…), non fu affatto compiaciuto e soddisfatto per la designazione, piuttosto fu preso da un senso di timore e agitazione per le responsabilità e la missione che gli venivano affidate (Marco Vergottini).
* Mons. Giudici, uomo misurato, in più di un’occasione ebbe però a dichiarare la sua soddisfazione e meraviglia per aver potuto essere un “padre” che ha accompagnato nella crescita un nutrito drappello di giovani donne e uomini, ciascuno con la propria chiamata vocazionale: coniugi e genitori (felici), sacerdoti, religiose e, in parecchi casi, affermati professionisti, docenti universitari, parlamentari (Luciano Caimi).
* Dovendo scegliere un’immagine dell’amico di sempre, scelgo questa: quando mi capitava di andare da lui per un appuntamento fissato insieme raramente l’ho trovato in casa o nello studio. Lo cercavo lì, ma sapevo bene che l’avrei trovato solo là, nelle prime panche della chiesa in gi-nocchio a pregare. Una statua davanti all’Eterno. (Angela Lischetti)
Nell’esperienza del movimento in cui ti sei lanciato da “grande”. Ti ho immortalato la prima volta che sei arrivato alla casa per la pace per la riunione del consiglio nazionale, e dopo cena, in silenzio, ti sei intrufolato in cucina ad asciugare i piatti. Abbiamo potuto capire subito cosa significasse per te il servizio, la gratuità. Con noi, dicevi di avere imparato a “lavorare insieme”, e noi possiamo confermare la tua presenza discreta, la tua capacità di ascoltare senza prevaricare nessuno, di accettare anche decisioni diverse dal tuo sentire, se condivise dalla maggioranza del consiglio (Pax Christi Italia)
* Era un uomo vero, capace di grandi amicizie, di slanci di tenerezza e generoso nei confronti di quanti erano in difficoltà. Si sforzava nell’arte dell’ascolto, anche quando si imbatteva in persone con sensibilità e attitudini diverse dalla sua formazione. Coltivava rapporti intensi con i confratelli e con diverse famiglie, con cui stabiliva un legame forte, ma mai prevaricante. Dava consigli quando gli venivano richiesti, ma aveva un sacrosanto rispetto della libertà altrui, pur non temendo di esprimere delicatamente il suo dissenso o il suo diverso punto di vista. (Rosa Siciliano)
* In un incontro di vescovi a Villa Cagnola, mons. Giudici mise in guarda dal rischio che per i giovani la fede cristiana fosse fatta coincidere con l’appartenenza a un gruppo o a un’aggregazione ecclesiale senza far prevalere il primato dell’interiorità, per cui ciò che supremamente conta è il rapporto con il Signore Gesù, presente nella Parola e nel sacramento, che si apre alla testimonianza dell’atto ecclesiale. (Un confratello vescovo)
Mons. Giudici ha vissuto il suo essere pastore con lo sguardo su orizzonti ampi. Egli ha cercato e valorizzato l’umano di ogni persona e ha saputo condurre la Chiesa a tornare all’ essenziale dell’essere comunità e al servizio dell’annuncio. È stato una persona libera e liberante. Per me che ero rettore in seminario l’ho sentito vicino e partecipe. (S.E. Mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo)
* È stato un pastore che ha messo al centro la Parola di Dio, ha saputo entrare in dialogo con il mondo della cultura e ha mostrato grande attenzione ai temi della pastorale sociale e alla valorizzazione del laicato. (S.E. Mons. Corrado Sanguineti)
* Tra le personalità della Chiesa che don Giovanni più ha amato e stimato – esclusi i viventi – sono da annotare Paolo VI, il professore Giuseppe Lazzati, Maria Dutto e, naturalmente, il cardinale Carlo Maria Martini. Per concludere, il nostro “corpo a corpo” con i santi in cielo continua. Non mancheremo di aggiornare don Giovanni sui nostri fallimenti e le nostre speranze, sulle nostre manchevolezze e i nostri sogni per una Chiesa più sciolta e coraggiosa, nonché per un’umanità che fatica ad essere redenta. Scriveva l’arcivescovo Martini, nella scia di Jacques Maritain che dialoga con Raissa, per la solennità di Ognissanti del 1999:
«I santi del cielo sono più vicini a noi di quanto ci sono vicini sulla terra coloro che amiamo; essi ci conoscono più profondamente e ci amano più fortemente di quanto non ci abbiano conosciuto e amato sulla terra. I santi sono molto più presenti a noi, molto più capaci di operare e di intercedere per noi, di quanto lo erano sulla terra; sono perciò davvero i nostri grandi amici, sempre pronti a conversare con noi».