NON CESSI LA RICERCA DI UNA SOLUZIONE AL CONFLITTO

(dall’articolo di A. Martino – Azione Cattolica Italiana)

Ciò che temevamo è accaduto. Nel continente in cui hanno avuto origine le due guerre mondiali del Novecento si è tornati a sparare. Non che questo da allora non fosse mai successo, basti pensare a quanto accaduto nella ex Jugoslavia appena trent’anni fa. Ma questa volta a scatenare l’inferno delle armi è la Russia neoimperialista di Vladimir Putin, la seconda potenza nucleare del mondo dopo gli Stati Uniti.

Poco dopo le ore cinque di questo 24 febbraio 2022, una data destinata ad entrare di diritto nella storia recente dell’umanità, l’esercito russo ha iniziato le operazioni di annientamento delle difese ucraine, per “disarmare e de-nazificare” l’Ucraina, così si è espresso il presidente Putin annunciando alla televisione l’imminente attacco. La verità è che assistiamo alla ripresa in grande scala della “politica dei cannoni” – cara, diciamolo pure, anche alle democrazie, e non solo nel secolo scorso. In queste tragiche ore il crepitare delle armi sembra avere seppellito, sotto interessi di parte e molteplici manifestazioni di incapacità diplomatica, ogni barlume di dialogo e ogni possibilità di mediazione.

Con il Mahatma Gandhi, potremmo anche noi dire: “Che differenza fa per i morti, gli orfani e i senzatetto, se la folle distruzione è coltivata in nome del totalitarismo, in quello santo della libertà o della democrazia?”. Ciò che vediamo con i nostri occhi (grazie a i media tradizionali e a i social) è ancora una volta l’assurdità della guerra, il suo trascinarsi dietro lutti e distruzioni. La consapevolezza che abbiamo ancora molta strada da fare perché penetri nelle coscienze dei singoli e delle comunità l’idea che la guerra non è mai un male necessario né qualcosa di ineludibile. La guerra è un tabù che dobbiamo imparare a coltivare affinché sia eliminata dalla storia. Il fatto che la guerra abbia segnato il nostro passato e oggi segni il nostro presente non significa che debba essere parte anche del nostro futuro.

“In queste ore di ansia e preoccupazione, il mio primo pensiero fraterno va al popolo dell’Ucraina. Alle donne e agli uomini di quella martoriata terra a noi cara, cui ci sentiamo uniti attraverso il Forum internazionale di Azione cattolica, di cui l’Ucraina è parte come paese osservatore, e attraverso le molteplici iniziative di collaborazione portate avanti nel corso degli ultimi anni con la Chiesa greco-cattolica ucraina”, così il presidente Ac, Giuseppe Notarstefano. “Insieme a tutti loro e con le Ac di tutto il mondo preghiamo, perché non prevalga il conflitto e la violenza e si possano trovare nuove vie per la pace, e accogliamo l’invito di Francesco a fare del prossimo 2 marzo, mercoledì delle ceneri, una giornata di digiuno per la pace”. Un invito alla pace che è anche domanda di impegno alla politica nazionale e mondiale. Ancora il presidente Notarstefano: “A coloro che hanno responsabilità politiche e di governo, in particolare alla comunità internazionale, l’Azione cattolica chiede uno sforzo senza risparmio di energia perché non cessi la ricerca di una soluzione pacifica capace di fermare il conflitto e dare ascolto alla domanda di pace che viene da tutto il mondo, ricercando senza sosta ragioni e strumenti per un’autentica architettura di pace globale”.

La tragedia delle vittime è la sola verità della guerra. Questa terribile realtà ci aiuti ancora una volta a concepire e realizzare l’idea di una comunità in cui i rapporti umani siano fondati sulla solidarietà e il rispetto reciproco. Questa era la speranza condivisa in tutto il mondo all’indomani della Seconda guerra mondiale. Tale speranza ha condotto all’istituzione delle Nazioni Unite, come dichiarato nella Premessa dello Statuto dell’ONU: “Salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità, riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”. Oggi, 77 anni dopo, quella dichiarazione appare quasi provocatoria, offensiva e chiaramente falsa, specie per chi in Ucraina (come in Siria o nello Yemen) vive sotto le bombe. “La guerra non restaura diritti, ridefinisce solo poteri” diceva Hannah Arendt. Come darle torto?

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